Parkinson: stimolazione profonda allevia le debilitazioni anche dopo dieci anni dall’insorgenza del morbo

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Lo conferma il primo studio che ha preso in considerazione il follow up a un decennio di distanza dall’impianto

Dieci anni dopo aver ricevuto impianti per la stimolazione profonda di aree cerebrali, i pazienti affetti da malattia di Parkinson sembrano conservare migliori funzioni motorie, anche se parte del beneficio iniziale va perduto, soprattutto a causa della progressiva perdita del beneficio nei confronti di altre funzioni. Ad affermarlo è un rapporto pubblicato online dagli Archives of Neurology.

A quanto riporta l’articolo, diversi studi clinici hanno mostrato che la stimolazione profonda del nucleo subtalamico, una regione del cervello coinvolta nella funzione motoria, può offrire diversi vantaggi rispetto ad altri trattamenti per quanto riguarda il controllo della motricità e il miglioramento della qualità della vita, ma finora mancava un’analisi del follow up che valutasse i risultati a molti anni di distanza.

Anna Castrioto, dell’Università di Perugia, e colleghi hanno condotto uno studio su 18 pazienti con Parkinson in fase avanzata che avevano ricevuto un impianto fra il 1996 e il 2000. La valutazione delle capacità motorie è stata effettuata prima dell’impianto e a distanza di uno, cinque e 10 anni.

A 10 anni di distanza, la combinazione di farmaci e stimolazione cerebrale profonda risultava associata a una migliore situazione delle capacità motorie, del tremore a riposo, della bradicinesia (ossia del rallentamento nei movimenti) e della rigidità. Meno efficace è risultata invece la capacità dell’impianto di rallentare il deterioramento per quanto riguarda la postura, l’andatura e l’equilibrio.

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