Tumori: acceleratore di particelle potentissimo, neutroni contro cellule tumorali

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La macchina può produrre un fascio di protoni di 5 Mega electron volt con una potenza di 200 kW concentrata in pochi millimetri quadrati. Sarà possibile produrre flussi intensi come quelli dei reattori nucleari. Applicazioni in campo energetico e medico


PADOVA – Il modulo di un nuovo acceleratore di particelle ha raggiunto un record mondiale che apre prospettive importanti per l’impiego nell’energia, nella medicina, nella sicurezza. L’acceleratore si chiama RFQ (Radio Frequency Quadrupole) ed è stato progettato e realizzato dai Laboratori Nazionali di Legnaro (Padova) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) assieme all’industria italiana Cinel strumenti scientifici, grazie al lavoro di diversi anni di un gruppo di una decina di esperti fra fisici ed ingegneri. I test si sono svolti nei laboratori di Saclay, in Francia.

La macchina. Si tratta di un acceleratore di particelle di alta intensità unico al mondo. Lungo circa 10 metri, è capace di produrre un fascio di protoni di 5 MeV (Mega electron volt) con una potenza di 200 kW concentrata in pochi millimetri quadrati. Con questo fascio di protoni sarà possibile produrre fasci di neutroni intensi come quelli dei reattori nucleari di ricerca senza bisogno di avere un reattore e quindi senza alcuna produzione di scorie radioattive. Fasci intensi di neutroni hanno molte applicazioni, tra le più importanti c’è la cura dei tumori con nuovi metodi come la Boron Neutron Capture Therapy che consiste nel far assorbire grandi quantità di boro alle cellule di alcuni tumori diffusi (come il melanoma) e poi colpire con un fascio di neutroni queste cellule.
I prodotti delle reazioni nucleari indotte dai neutroni fanno letteralmente esplodere le cellule malate senza danneggiare quelle sane, anche se vicine.

Sperimentazione. All’IOV-IRCCS di Padova e l’Università di Pavia sono già in corso sperimentazioni pre-cliniche nella prospettiva di usare i fasci neutronici nella terapia su pazienti. L’acceleratore permetterà inoltre di caratterizzare le scorie nucleari: esaminando le scorie che sono già state stoccate (vetrificate dentro contenitori, ad esempio) è possibile capire esattamente quale sia la loro composizione. Questo permetterebbe di contenere notevolmente sia i costi del futuro deposito nazionale, sia il successivo confinamento. Lo studio di questa applicazione dell’RFQ di TRASCO è prevista in un accordo quadro fra Sogin (società gestione impianti nucleari), INFN e Università di Pavia. L’acceleratore consentirà infine lo studio dei danni indotti dai neutroni nei materiali che saranno utilizzati nei futuri reattori per la fusione nucleare. L’INFN con il progetto IFMIF EVEDA sta costruendo uno specifico RFQ per questa applicazione.
Repubblica.it

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