Un congresso mondiale fa il punto sul Piede di Charcot

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È una malattia degenerativa molto grave che può portare all’invalidità e all’amputazione se non trattata immediatamente. A Bologna il 18 e 19 giugno un congresso mondiale ha riunito i massimi esperti per un confronto sugli aspetti diagnostici del piede di Charcot e sulle ultime tecnologie a disposizione.

 

Bologna, 20 giugno 2012 – L’osteoartropatia di Charcot, più comunemente nota come piede di Charcot, è stato il tema al centro del congresso mondiale organizzato dal Dipartimento di piede diabetico del Maria Cecilia Hospital di Cotignola, uno dei centri di eccellenza nella cura e nel trattamento del piede diabetico, diretto dal professor Luca Dalla Paola, tra i massimi esponenti a livello internazionale nello studio di questa patologia.

“Le tematiche affrontate nel convegno si sono concentrate sulla diagnostica, sugli aspetti fisiopatologici, sulle tecniche terapeutiche più innovative” ha precisato il prof. Dalla Paola. “Particolare attenzione è stata posta all’aspetto chirurgico, che in Italia soffre di mancanza di valutazione univoca da parte degli specialisti”. All’evento, che ha visto la partecipazione di circa 500 specialisti tra podologi, diabetologi e chirurghi ortopedici, particolarmente seguiti sono stati gli interventi dei maggiori esperti mondiali del settore, fra cui i luminari americani John Mario Giurini (Boston, Massachusetts), Lee Sanders (Lebanon, Pennsylvania) e Robert Frykberg (Phoenix, Arizona).

Il piede di Charcot è una complicanza del diabete che colpisce le ossa e le articolazioni del piede. Se non trattato adeguatamente al momento della sua comparsa, provoca la frammentazione delle ossa e una deformazione dei piedi, tali da perdere i normali rapporti articolari. L’architettura del piede viene così fortemente compromessa e il risultato è una grave deformità.

“L’incidenza del piede di Charcot è circa 0,1-5% in pazienti diabetici complicati da polineuropatia periferica ma il dato è sicuramente sottostimato” ha aggiunto il professore. “La causa va ricercata nella mancata diagnosi della fase acuta e nel ritardo dell’intervento chirurgico nella fase cronica. Tuttavia, anche in caso di perfetta tempistica diagnostica e curativa, si tratta di una patologia che mette a dura prova il paziente”.

La maggior parte dei soggetti colpiti ha un’età compresa tra i 50 e i 60 anni, con una storia di malattia diabetica alle spalle di circa 10 anni.

“La prima causa è la presenza della neuropatia diabetica, un’alterazione strutturale dei nervi legata all’iperglicemia cronica” ha spiegato il prof. Dalla Paola. “Su questa neuropatia si innesca un sovvertimento osseo-articolare che provoca deformità tali da procurare ulcere difficilmente guaribili o recidivanti, che alla fine possono portare all’amputazione dell’arto colpito. Le teorie sull’origine di questa patologia sono numerose ma è soprattutto la genesi di tipo infiammatorio locale che, in alcune persone con neuropatia diabetica, spinge l’osso del piede a subire alterazioni che sfociano nel piede di Charcot. I sintomi molto spesso vengono confusi con altre patologie. Un piede gonfio, edematoso, dolente in un diabetico deve far pensare alla neuropatia di Charcot, invece la maggior parte dei pazienti arriva troppo tardi a un centro specialistico”.

Attualmente non esiste un trattamento farmacologico efficace nel bloccare la progressione di questa malattia diabetica. “La diagnosi precoce permette di avere una gestione conservativa” ha commentato il prof. Dalla Paola. “Il riposo e l’utilizzo di gambaletti permettono di affrontare una guarigione quasi completa. Laddove le deformità sono gravi si interviene con una chirurgia ricostruttiva”. Tra le terapie più innovative i sostituti cutanei trovano sempre più spazio nel trattamento del piede di Charcot. La pronta disponibilità in termini di quantità e le loro proprietà relative all’impianto, all’incorporazione e al riassorbimento garantiscono buoni risultati a lungo termine.

“Si è passati da un atteggiamento demolitivo a trattamenti più conservativi e rispettosi dei rapporti tra tessuti molli e tessuto osseo. In questo momento si preferisce unire una chirurgia mini invasiva alla ricostruzione dei tessuti. L’ingegneria tissutale fornisce armi terapeutiche estremamente efficaci, naturalmente il paziente può essere sottoposto a questo trattamento a patto di tenere sotto controllo l’infezione e che non abbia deficit arterioso”.

Ma esistono delle accortezze che possono prevenire le complicanze causate dalla malattia di Charcot e migliorare la capacità di gestire gli effetti del disturbo?

“Essenziale è una diagnosi precoce. I pazienti diabetici dovrebbero essere stimolati a prestare attenzione ai cambiamenti morfologici del piede. L’ispezione quotidiana è l’arma preventiva più importante, unita al controllo del medico di medicina generale o del diabetologo, in grado di capire i disturbi e fornire le indicazioni più efficaci per evitare la regressione verso quadri patologici più gravi”.

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