La nuova mappa cerebrale e il connettoma

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È online il secondo blocco di dati raccolti dallo Human Connectome Project, l’iniziativa di ricerca internazionale che nei prossimi anni continuerà ad archiviare e pubblicare una gigantesca mole di informazioni sui circuiti neuronali del cervello umano. Grazie a queste analisi, raccolte su un gran numero di volontari, alcuni ricercatori sperano di arrivare a spiegare che cosa caratterizza la personalità e il comportamento di ognuno di noi.

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Piatto ricco per i neuroscienziati: lo Human Connectome Project (HCP) ha reso accessibile online l’analisi dei circuiti cerebrali di 68 persone adulte e in salute sottoposte a neuroimaging con sistemi d’avanguardia lo scorso ottobre. Decine di immagini variopinte in cui neuroscienziati leggono la morfologia e il funzionamento del cervello umano. È la seconda di una lunga serie di pubblicazioni, volte a scoprire il legame tra il connettoma – la rete di tutte le connessioni sinaptiche del cervello, intese come un unico sistema complesso – e i tratti comportamentali e della personalità. I dati relativi ad altri 12 volontari erano usciti già negli ultimi mesi dello scorso anno, ma è solo l’inizio. D’ora in poi, ogni trimestre arriveranno nuovi dati: è questo il ritmo con cui i gestori della piattaforma Human Connectome Project intendono tenere aggiornata la loro pagina web. E tutte queste analisi saranno open access: quelle raccolte finora sono già disponibili a chiunque si registri sul sito.

Il progetto, nato nel giugno 2009, coinvolge molte istituzioni di ricerca europee e americane, e ha ricevuto importanti finanziamenti dal National Institute of Health degli Stati Uniti. L’idea è creare un database ricchissimo – si parla di 1200 volontari – che fornisca un campione significativo di connettomi. HCP è un’impresa collettiva gestita da due poli principali: uno fa capo alla Washington University di St Louis e all’Università del Minnesota, e l’altro al Massachussetts General Hospital e all’Università della California di Los Angeles.

Ma la ricerca non si limita a studiare la morfologia del connettoma: al centro dell’attenzione c’è anche la sua relazione con la nostra identità. Il primo a incuriosire l’opinione pubblica sui legami tra circuiti cerebrali e personalità è stato Sebastian Seung, professore di neuroscienze computazionali al MIT e autore di Connectome: How the Brain’s Wiring Makes Us Who We Are, con le parole “Io sono il mio connettoma”. Che relazione esiste tra il connettoma e il carattere di ognuno di noi? Com’è fatto il connettoma di una persona in salute? E come cambia quando apprende qualcosa, quando si ammala, quando invecchia? Per rispondere a queste domande, le informazioni diagnostiche di ogni partecipante all’indagine sono accompagnate da molti dati sulla sua personalità, ottenuti attraverso una serie di test comportamentali. Per scoprire che ruolo ha la genetica e quanto le caratteristiche del connettoma siano ereditarie, tra i volontari selezionati ci sono anche coppie di fratelli e coppie di gemelli.[one_fourth last=”no”]




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Le immagini dell’HCP sono state ottenute con due diversi metodi di neuroimaging. Il primo, il resting-state functional connectivity FMRI, è adatto all’analisi dei meccanismi della materia grigia, mentre l’altro, il diffusion imaging, si presta particolarmente allo studio della materia bianca. Queste tecniche permettono di rappresentare i fasci di assoni in colori diversi a seconda della direzione del flusso sinaptico, che, a sua volta, si ottiene risolvendo equazioni differenziali. I due sistemi si integrano a vicenda e forniscono un quadro completo.

Per il momento l’unico connettoma che si è stati in grado di descrivere completamente è quello di Caenorhabditis elegans, un verme che può contare solo su 300 neuroni. Mappare il connettoma umano sarà un’impresa titanica, al confronto. Ma HCP è un bel passo avanti: significherà iniziare a intravedere la mappa del nostro cervello.

Magari non le sue strade secondarie – spiega in un’intervista apparsa su Science Hongkui Zeng, che dirige un progetto di ricerca all’Allen Institute for Brain Science, dove sono impegnati in studi simili sulle reti cerebrali dei topi – ma le autostrade sì.

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