Fobie e attacchi di panico, ma anche disturbi d’ansia potrebbero trovare una possibile soluzione attraverso l’utilizzo di una nuova applicazione per smartphone e tablet

Ormai esistono applicazioni per smartphone e tablet adatte a ogni esigenza.

A quanto pare ormai esiste un’App per ogni cosa. E non mancano di certo quelle per i problemi di salute. Ma, la domanda è: può un’applicazione risolvere un problema, al pari o addirittura meglio di un medico? Secondo alcuni ricercatori sì.brain-anxiety-study1

A tale proposito è BBC News a riportare il caso del dottor Russel Green, psichiatra e direttore del FMP Medical Consulting che ricorda ancora come un piccolo incidente che ha coinvolto un suo collega, lo abbia portato ad abbandonare il posto di lavoro.

Il figlio del collega possedeva delle tarantole (dei ragni) e le stava portando tranquillamente con sé. Non appena lo ebbe visto con i ragni nell’ingresso dell’ospedale, Green fu travolto da un attacco degno di una vera e propria fobia.
«Ho subito visto e riconosciuto che si trattava di una tarantola e cercai di correre fuori dall’ospedale», racconta il dottor Green a proposito della sua fobia.
Questo genere di paura viene definita aracnofobia e si tratta di una vera e propria fobia dei ragni. È talmente grave che è sufficiente vedere l’animale in foto per spaventarsi.

Forse un po’ anche a causa di questo motivo, ma è stato proprio il dottor Russel – insieme ad alcuni colleghi – ad avere l’idea di sviluppare un’applicazione per tutte le persone che hanno problemi simili.
Il software, usa una tecnica denominata “desensibilizzazione sistematica”. Si tratta, cioè, di un approccio innovativo per mettere il paziente davanti alla propria fobia – poco a poco – quotidianamente.
Nel caso dell’aracnofobia, prima si viene invitati a giocare virtualmente con dei ragni animati che, a mano a mano che passa il tempo, diventano sempre più realistici.
Si passa quindi dal nascondere – sempre per gioco – i ragni nelle pantofole, ad aiutare tarantole ferite e così via.

«Speriamo di ottenere quel po’ di magia e di motivazione che si ottiene dai giochi, dove la gente gioca per ore e ore, e usare questa [motivazione] per convincere la gente a completare il loro trattamento», spiega Andres Fonseca, psichiatra e coautore del progetto.
Nel frattempo, i ricercatori stanno lavorando alla progettazione di una app anche per l’agorafobia (la paura degli spazi aperti).
Altri sviluppatori, invece, stanno cercando di utilizzare giochi per controllare ansia e attacchi di panico. Simon Fox, un programmatore, 6 anni fa ha avuto il suo primo attacco di panico.
«Mi sentivo come se non riuscissi a respirare», racconta.
La cosa che ha reso ancor più difficile la situazione era il preoccuparsi di non riuscire a respirare. Tutto questo non faceva altro che peggiorare la sua ansia. «Praticamente ho solo pensato che stavo per morire».
Fox ha atteso alcuni mesi prima di rivolgersi a uno psichiatra che gli ha insegnato esercizi di respirazione e coping.

Per tale motivo ora sta dando vita a una nuova applicazione – Flowy – che insegna come evitare l’iperventilazione. Insegna, sostanzialmente, esercizi di respirazione che possono essere utilizzati per combattere gli attacchi di panico.
Gli utenti, così imparano la respirazione diaframmatica profonda con il grande muscolo situato tra il petto e l’addome. Secondo Fox, questo genere di software possono rivelarsi più efficaci dei tradizionali esercizi di respirazione. «Sono efficaci, ma difficili da rispettare quando si è in quello stato», afferma Fox.

Di contro, alcuni psicologi come Elizabeth Gray mettono in guardia dall’uso di questi giochini: «Le applicazioni non sono un sostituto delle relazioni umane», ammonisce dalla BBC la dottoressa.
Inoltre, non ritiene possibile ottenere una guarigione senza un sopporto specialistico.
«Senza la terapia non credo che l’ansia possa essere guarita», continua Gray.
Le fobie, infatti, dovrebbero essere superate solo dopo l’identificazione della causa. Identificazione che, secondo la dottoressa, non può avvenire senza un terapeuta esperto.

Che dire, invece, dell’idea dello Psicologo Phil Topham? Grazie a lui è nata SAM, la prima app per la gestione dell’ansia. Offre consigli per l’auto-trattamento e permette di condividere le proprie esperienze in maniera del tutto anonima attraverso un cloud.
«La gente è molto attaccata ai propri telefoni e tablet», spiega Topham.
È proprio questo senso di “appartenenza”, di “familiarità” che può portare le persone a fidarsi prima di tutto del proprio – intelligente – dispositivo e ad “aprirsi” con lui piuttosto che con amici e parenti.
«C’è un bel po’ di vergogna collegata all’ansia, a cui non si è in grado di far fronte» continua Topham. «Un dispositivo mobile è in realtà un dispositivo molto privato. Voi non esponete la vostra ansia».
Ovviamente, lo psicologo consiglia di affidarsi a un esperto nei casi più gravi e qualora il problema persistesse a lungo.

Che dire dunque? C’è un’applicazione per ogni sorta di problema. E indubbiamente ci sono casi come questo in cui la tecnologia può essere d’aiuto anche per risolvere piccoli conflitti psicologici. È bene però dire che cellulari e tablet non possono sostituire i rapporti umani e usarli troppo –anche per dar fine a disturbi psicologici – non deve permettere di peggiorare il problema isolandoci sempre più dalla società e dai rapporti sociali.
A volte può aiutare anche avere il coraggio di parlare dei nostri problemi con chi è vicino a noi – piuttosto che relegare tutto a una app.
Anche questo è un modo per affrontare i propri limiti e, magari, anche guarire più velocemente.

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