Artrite: strategia di propagazione tramite proprie metastasi, ossia cellule della parte infiammata

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Premesso ovviamente che non sono cellule cancerose metastatiche, nè sono infauste come nei casi di cancro. Sono le cellule dell’articolazione infiammata a trasportare in altre parti del corpo l’artrite reumatoide, esattamente come fanno le cellule tumorali che provocano le metastasi. Per fortuna le conseguenze del fenomeno sono meno gravi, ma comportano una progressiva estensione della malattia, con le sue possibili conseguenze invalidanti. Non si è mai capito molto bene come ciò accada: perché l’infiammazione, nell’artrite reumatoide, esordisce in poche articolazioni e poi, passo per passo, le coinvolge quasi tutte? Per cercare una spiegazione Stephanie Lefevre, del Dipartimento di medicina interna e reumatologia della Kerckhoff Klinic di Bad Nauheim, in Germania , con i suoi colleghi, ha utilizzato topolini selezionati per essere praticamente privi di sistema immunitario, in modo che le difese dell’animale non potessero interferire con l’esperimento.


IL LAVORO – «Ci siamo soffermati su alcune cellule che svolgono un ruolo chiave nella distruzione dei tessuti innescata dalla malattia» spiega la giovane ricercatrice tedesca. «Sono i fibroblasti, che si trovano nella sottile membrana che riveste le articolazioni chiamata sinovia». A rendere ancora più sospette queste cellule c’era il fatto che si erano già mostrate capaci di penetrare nei vasi sanguigni: «Ma finora solo in colture cellulari di laboratorio» precisa la studiosa. «Nessuno aveva mai dimostrato che anche nell’organismo potessero viaggiare nel circolo sanguigno». La ricerca pubblicata su Nature Medicine invece ha confermato che potrebbero essere proprio loro, almeno in parte, a diffondere la malattia. «Abbiamo iniettato da un lato dell’animale frammenti di cartilagine proveniente da articolazioni umane sane, insieme però con fibroblasti prelevati da pazienti con artrite reumatoide» spiega Lefevre. «Dall’altra parte dell’animale da laboratorio è stato invece iniettato solo tessuto cartilagineo sano».

I RISULTATI – Dopo 60 giorni le cellule provenienti dalle articolazioni malate, passando attraverso il sangue, erano già arrivate sul lato dove era stato inserito solo il tessuto sano. «Non solo» precisa la ricercatrice, che un paio di anni fa, ancora studentessa, è stata premiata per i suoi studi al Congresso della Società tedesca di medicina interna. «Già avevano cominciato a danneggiare la cartilagine sana che avevamo impiantato». Colti in flagrante, i fibroblasti difficilmente potranno dichiararsi innocenti, anche se è possibile che questo sia solo uno dei meccanismi in gioco. Conoscerlo meglio potrebbe però aiutare gli scienziati a contrastarlo, impedendo che dolore e disabilità si estendano sempre più.

Roberta Villa

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