Celiachia: lo sviluppo di nuovi farmaci

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La scoperta dei peptidi del glutine che scatenano la reazione avversa nell’organismo dei celiaci apre le porte a nuove possibilità terapeutiche

Sono stati identificati i peptidi che rendono il glutine, la principale proteina presente ne, dannosa alle persone affette da celiachia. La scoperta – pubblicata sull’ultimo numero diScience Translational Medicine – apre le porte a una nuova generazione di strategie diagnostiche, terapeutiche e di prevenzione che interessano milioni di persone.

La scoperta che è il glutine a scatenare la malattia celiaca risale a oltre 60 anni fa, ma finora non era riusciti ancora a identificare quali parti della proteina fossero le responsabili dei meccanosmi di scatenamento della patologia.

“Questi tre componenti rendono conto della grande maggioranza delle risposte immunitarie al glutine che si osservano nei pazienti sofferenti di celiachia”, ha osservato Bob Anderson, che ha coordinato la ricerca.

Lo studio, che ha coinvolto ricercatori del Walter and Eliza Hall Institute, della Monash University e dell’Università di Melbourne, ha permesso di identificare 90 frammenti della proteina del glutine che provocano una certa reazione del sistema immunitario, tre dei quali hanno mostrato un’azione tossica particolarmente spiccata.

Grazie all’identificazione di questi peptidi sono già partiti i trial clinici di fase uno per la messa a punto di una immunoterapia a base di peptidi per desensibilizzare i pazienti celiaci agli effetti nocivi del glutine.

Per quanto la malattia celiaca possa essere perfettamente tenuta sotto controllo attraverso una dieta priva di glutine, ha ricordato Anderson, lacompliance dei pazienti alle restrizioni alimentari che essa comporta è piuttosto scarsa, dato che circa la metà dei pazienti a causa di più o meno sistematici “strappi alla regola” nel corso degli anni sviluppa comunque dei danni all’intestino. “Pertanto l’immunoterapia e tre nuovi farmaci che sono in via di sviluppo si riveleranno comunque di grande aiuto per questi pazienti”, ha concluso Anderson.

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