Dal CNR la scoperta di un gene implicato nella crescita del cancro

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Studiare le malattie genetiche rare e arrivare a scoprire un meccanismo responsabile della formazione dei tumori: è accaduto agli studiosi dell’Istituto di genetica e biofisica del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Igb-Cnr), che studiando l’anemia del Fanconi hanno individuato la funzione di FANCD2, un gene coinvolto nella riparazione del DNA, la cui mutazione è responsabile della tumorigenesi.

Lo studio, pubblicato su Molecular Cell, ha messo in evidenza come, in caso di danneggiamento del DNA, la scelta del corretto meccanismo di riparazione giochi un ruolo chiave nel determinare il destino di una cellula. “FANCD2 è un gene che risulta mutato nell’anemia del Fanconi, una complessa e rara malattia genetica che presenta una varietà di sintomi tra cui la predisposizione a sviluppare tumori solidi, anemia e infertilità: tutti aspetti ascrivibili a difetti nella riparazione dei danni al DNA”, spiega Antonio Baldini, direttore dell’Igb-Cnr.

La scoperta riguardante l’azione del gene FANCD2 non è però rilevante solo per i malati di anemia del Fanconi, che presenta frequenza di 1-5 casi ogni 1.000.000 di nati e che in Italia con il 50% dei casi è concentrata in Campania: la ricerca risulta invece importante, spiega Adriana La Volpe, coordinatrice dello studio, per lo studio dei tumori solidi in generale. “Nella trasformazione neoplastica si accumulano un alto numero di mutazioni in diversi geni, alcune delle quali sono la causa, altre la conseguenza, della malattia”. “Le sindromi ereditarie di predisposizione al cancro come l’anemia del Fanconi – continua la ricercatrice – sono molto importanti per noi ricercatori per capire le cause della formazione dei tumori, permettendoci di discriminare tra mutazioni in geni ‘piloti’ del tumore e in geni ‘passeggeri’, cioè tra le cause e le conseguenze dell’insorgenza”.

Con questo studio il gruppo di ricerca Igb-Cnr ha messo in evidenza che la funzione primaria del gene FANCD2 nelle cellule del corpo è soprattutto quella di tenere inattiva la “giunzione non omologa delle estremità dei cromosomi”, “ovvero un meccanismo di riparazione molto efficiente, ma poco accurato – conclude Baldini -. In caso contrario, cioè se il gene non funziona e la cellula adotta il meccanismo di replicazione ‘sbagliato’, si ottengono anomalie cromosomiche e ipersensibilità ad agenti genotossici che sono la causa della predisposizione allo sviluppo di tumori solidi”. (ASCA)

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