L’equivalente è parte integrante della farmaceutica italiana

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assogenericiOltre 10.000 addetti sul territorio, produzione al 60 per cento entro i confini nazionali: le aziende del generico contribuisco all’economia nazionale in modo significativo e facendo risparmiare lo Stato e i cittadini. “Non credo che tutti possano presentare dati analoghi” dice il presidente Enrique Häusermann

Roma, 8 aprile 2013 – “E’ scoraggiante che ancora si dipinga il farmaco generico e chi lo produce come una sorta di malattia esogena che starebbe minando il comparto farmaceutico italiano” esordisce il presidente di AssoGenerici Enrique Häusermann, in risposta alle dichiarazioni rese da Lucia Aleotti, vicepresidente di Farmindustria, alla III Conferenza  “Farmaci a brevetto scaduto: i problemi irrisolti e le soluzioni proposte” organizzata dalla Società italiana di farmacologia.

“Le 50 aziende associate ad AssoGenerici danno lavoro in Italia a 10.000 persone, e affidano il 60% della produzione a contoterzisti italiani: non credo che tutti possano presentare dati analoghi. Non siamo un corpo estraneo alla farmaceutica italiana, quindi, ma ne siamo oggi uno dei protagonisti” prosegue Häusermann.  In Italia la quota dei medicinali equivalenti puri a fine 2012 toccava il 16% dei farmaci dispensati a carico del SSN, ma rappresentando una spesa di poco superiore all’8% del totale e nell’ultimo quadriennio, grazie agli equivalenti, il Servizio sanitario ha risparmiato circa 400 milioni l’anno. “La risposta classica di Farmindustria a queste cifre, e alle timide misure di promozione del ricorso agli equivalenti, è che lo Stato risparmia comunque visto che viene rimborsato soltanto il prezzo di riferimento” dice ancora il presidente di AssoGenerici.

“E’ un ragionamento che non regge. Innanzitutto il prezzo di riferimento scende perché esiste il generico, per non parlare di ciò che si può o potrebbe risparmiare con la prescrizione dei biosimilari. Il secondo aspetto è che si sottovaluta che gli oltre 650 milioni all’anno – dati Osmed 2012 – spesi dai cittadini per pagare la differenza tra branded e generico sono fondi sottratti all’economia delle famiglie e, alla fine, anche allo stesso finanziamento del Servizio sanitario attraverso il prelievo fiscale. Il risultato di questo circolo vizioso dovrebbe essere evidente anche a Farmindustria, visto che giustamente lamenta ritardi nell’introduzione nei prontuari regionali dei farmaci innovativi. Infine, sarebbe il caso di prendere atto che alla produzione di generici si sono da tempo accostate grandi aziende del farmaco di ricerca e altre stanno arrivando. Esiste quindi un generico che

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