Scoperta l’azione riparatrice degli anticorpi

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anticorpi in fluorescenza
Gli anticorpi non servono solo a identificare e distruggere le sostanze e i microrganismi che aggrediscono l’organismo, ma partecipano anche all’opera di “ricostruzione” di tessuti danneggiati. Questa funzione del tutto inaspettata è stata riscontrata da un gruppo di ricercatori della Stanford University School of Medicine che la descrivono in un articolo pubblicato suiProceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

La ricerca era partita dall’osservazione che mentre le cellule del sistema nervoso centrale non riescono a rigenerarsi dopo una lesione, quelle del sistema nervoso periferico lo fanno in modo consistente. Una delle più evidenti differenze fra i due casi è rappresentato dal fatto che mentre il sistema periferico può essere raggiunto dagli anticorpi presenti nel flusso sanguigno, sia al cervello sia al midollo spinale sono isolati rispettivamente dalla barriera emato-encefalica e dalla barriera emato-liquorale.

Le cellule che trasmettono impulsi su lunghe distanze hanno gli assoni protetti da un sottile strato isolante di una sostanza lipidica, la mielina: “Dopo una lesione a un nervo, la massa di mielina che degenera viene rapidamente ripulita nel sistema periferico, ma non in quello centrale. Di fatto, in un cervello o in un midollo lesionato la mielina degenerata continua a restare in situ per il resto della vita della persona. Dopo una lesione, per esempio, al nervo sciatico, la mielina degenerata viene rimossa in una settimana o anche meno”, spiega Mauricio Vargas, primo firmatario dell’articolo sui PNAS.

I ricercatori, dopo aver prodotto un topo mutante che non era in grado di produrre anticorpi, hanno mostrato che in quel topo la riparazione di una lesione al nervo sciatico risultava sostanzialmente bloccata, così come la rimozione della mielina degenere. Se però successivamente venivano iniettati anticorpi ottenuti da topi normali, il processo di rimozione riprendeva e così pure la capacità di auto-rigenerazione del nervo.

“Che gli anticorpi partecipassero alla rimozione dei globuli rossi senescenti era noto, ma questa è la prima volta che essi appaiono implicati in un processo di riparazione”, ha detto Vargas. “Abbiamo in particolare mostrato che gli anticorpi aderiscono alla mielina degenerata e la segnalano ai macrofagi che provvedono a fagocitarla.”

Peraltro, i ricercatori hanno osservato che il risultato non dipendeva dal fatto che gli anticorpi provenissero da un topo che aveva in precedenza subito anch’esso una lesione a un nervo o no, suggerendo che si tratti di anticorpi “fuori ordinanza”, già presenti nell’organismo e non prodotti solamente in seguito alla lesione. Un fatto confermato da un ulteriore esperimento in cui si è mostrato che il processo di ripulitura non viene innescato da qualsiasi tipo di anticorpi, ma da un tipo specifico di essi.

Questi anticorpi non danneggiano la mielina integra, ha spiegato Ben Barres, che ha diretto lo studio, perché quella danneggiata presenta caratteristiche strutturali superficiali differenti da quella integra.

Anche se lo studio è stato condotto sul sistema nervoso periferico, i suoi risultati aprono le porte alla possibilità di sondare nuovi approcci terapeutici anche per danni che coinvolgano il cervello o il midollo spinale attraverso infusione diretta di questi anticorpi, in modo che segnalino alla microglia – il corrispondente dei macrofagi nel sistema nervoso centrale – la necessità di eliminare la mielina degenerata.

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