Da farmaco anti-tumorale possibile soluzione per inibire progressione Alzheimer

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Il Gleevec ha già salvato molte persone dal tumore e presto potrebbe rivelarsi efficace anche contro l’Alzheimer. Il farmaco infatti è in grado di inibire quei velenosi ‘ammassi’ proteici (le placche beta-amiloidi) che invadono progressivamente il cervello dei pazienti fino a causare la demenza. La scoperta, pubblicata su Nature, è firmata da Paul Greengard, lo scienziato che nel 2000 ha ricevuto il Nobel per la Medicina per le sue ricerche sul sistema nervoso. Oggi Greengard ha 84 anni e continua gli studi sull’Alzheimer, iniziati 25 anni fa, quando il suocero contrasse la malattia.

Secondo i risultati dello studio, l’antitumorale si lega e blocca una molecola chiave nella formazione delle placche che innescano il morbo di Alzheimer. Finora la ricerca ha sempre cercato di mettere a punto farmaci in grado di “spegnere” l’enzima che, come un interruttore, si accende e dà vita alle placche di proteina tossica chiamata gamma-secretasi (Gsap). I ricercatori del team guidato da Greengard invece sono andati all’origine e hanno provato a intervenire sulla molecola che attiva quell’enzima, scoprendo che il Gleevec riesce a bloccarne la capacità di innesco.

Ha spiegato Paul Greengard al New York Times: “Come prova abbiamo prodotto dei topi che avevano un gene che favorisce il morbo, ma non quello della Gsap e abbiamo visto che questi non sviluppavano la patologia”. Prima di somministrare questo farmaco ai malati di Alzheimer, comunque, bisognerà ancora attendere. Il prossimo passo verso la cura della malattia sarà quello di riuscire a creare un farmaco analogo al Gleevec, che sia però in grado di restare in circolo più a lungo nei pazienti. L’antitumorale già in commercio, infatti, funziona ed è attivo contro la proteina, ma non può essere usato per l’Alzheimer perché non rimane abbastanza a lungo nel cervello.

Sempre in tema di Alzheimer, un altro studio pubblicato su Neurology ha invece rivelato che la capacità preventiva di un’intensa attività mentale si trasforma in un difetto una volta che si è manifestato il morbo. In sostanza, leggere libri, studiare, guardare film, visitare musei sono in generale attività che prevengono la demenza senile; se però questa arriva, quello stesso patrimonio di conoscenza ne può accelerare il progresso. I ricercatori della Rush university di Chicago, per giungere a questi risultati, hanno esaminato le prestazioni cerebrali di 1.157 persone con più di 65 anni a cui era stata diagnosticata la malattia

Repubblica.it

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