Stimolazione cerebrale profonda: possibile curare con un pacemaker l’anoressia

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La stimolazione cerebrale profonda può essere utile in casi particolarmente gravi dove le altre terapie hanno fallito

L’idea l’hanno avuta i neurochirurghi canadesi: tentare di curare forme gravi di anoressia impiantando un pacemaker nel cervello dei pazienti. E l’idea ha funzionato: su sei persone trattate, la metà ha mostrato un miglioramento del tono dell’umore e dell’indice di massa corporea (cioè del peso). La stimolazione cerebrale profonda è già usata per trattare alcuni disordini neurologici, compreso il Parkinson e il dolore cronico, ed è in sperimentazione per la cura di certe forme di depressione e di epilessia, ma è la prima volta che viene utilizzata su pazienti anoressici. Benché l’impianto richieda una procedura chirurgica, è comunque poco invasivo ed è reversibile.DBS

COME NELLA DEPRESSIONE – I ricercatori del Krembil Neuroscience Centre e dell’University Health Network in Canada, guidati da Andres Lozano, un pioniere delle tecnica, hanno fruttato la risonanza magnetica per identificare una specifica area cerebrale (si tratta del corpo calloso, un fascio di fibre nervose che divide il lobo destro da quello sinistro del cervello) nella quale impiantare gli elettrodi collegati a un generatore di impulsi inserito sotto la pelle. La scelta del corpo calloso è giustificata dal fatto che alterazioni di questa area cerebrale erano già state dimostrate, prima, nei pazienti con depressione e, poi, in quelli anoressici.

TUTTE DONNE – I ricercatori hanno attivato il dispositivo dieci giorni dopo l’impianto e hanno misurato, a distanza, alcuni parametri: nel giro di alcuni mesi (la stimolazione funziona dopo un certo periodo di tempo) hanno rilevato che cinque pazienti su sei cominciavano ad acquisire peso (o a mantenerlo stabile) e a migliorare il tono dell’umore. I pazienti trattati, anzi le pazienti, perché erano tutte donne fra i 24 e i 57 anni, convivevano con la malattia da un minimo di quattro anni fino a 37. E lo studio, che originariamente aveva l’obiettivo di stabilire la sicurezza della metodica, ha invece dimostrato anche l’efficacia. L’anoressia è uno dei cosiddetti disordini psichiatrici che ha il più alto tasso di mortalità ed è il più comune fra le giovani donne con età compresa fra i 15 e i 19 anni. Il trattamento standard si focalizza sul comportamento, ma il 20 per cento dei pazienti non ne trae beneficio e rischia una morte prematura. Adesso sembra delinearsi questa nuova soluzione terapeutica.

SENTIRSI MEGLIO – Hanno detto, in un commento pubblicato su Lancet dove lo studio è apparso, Janet Treasure e Ulrike Schmidt del King’s College di Londra: «I costi personali e sociali dei disturbi del comportamento alimentare sono enormi. I risultati di questa ricerca sono importanti soprattutto perché dimostrano che la stimolazione cerebrale non è l’ennesimo trattamento che ha l’obiettivo di far ingrassare, ma una cura fa sentire meglio».

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