Violenza femminile: vittima oltre una donna su 3. Per l’OMS è emergenza sanitaria mondiale

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WHOPresentanti in una conferenza stampa organizzata dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) presso Palazzo Chigi i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui il 35% delle donne nel mondo è vittima di violenza fisica e/o sessuale da parte del partner o di sconosciuti;  il 38% dei femminicidi avviene per mano del proprio compagno. Le principali conseguenze degli abusi si ripercuotono sulla salute mentale e sessuale, sulle capacità riproduttive e sul rischio di morte e lesioni. Il 30% dei maltrattamenti alle donne ha inizio in gravidanza e 1 donna su 4 è tuttora oggetto di violenza in questa fase della vita.

Per fornire un’assistenza adeguata alle vittime, l’OMS ha recentemente pubblicato le nuove Linee Guida cliniche e politiche, che evidenziano la necessità di formare in maniera più specifica gli operatori sanitari.

 

Roma, 3 luglio 2013 – La violenza femminile è un tema di costante attualità. In Italia si stima che 6.743.000 donne tra i 16 ed i 70 anni siano vittime di abusi fisici o sessuali  e circa un milione abbia subito stupri o tentati stupri. Il 14.3% delle donne è stata vittima di atti di violenza da parte del partner, ma solo il 7% lo ha denunciato. Altrettanto allarmante è il dato secondo cui il 33.9% di coloro che subiscono violenza per mano del proprio compagno e il 24% di coloro che l’hanno subita da parte di un conoscente o di un estraneo, non parla con nessuno dell’accaduto. La violenza domestica, inoltre, è la seconda causa di morte per le donne in gravidanza.

Anche i dati a livello mondiale non sono incoraggianti: oltre una donna su tre subisce nel corso della propria vita qualche forma di violenza, soprattutto da parte di mariti e fidanzati.

All’incontro stampa promosso da O.N.Da, da sempre impegnata nella sensibilizzazione sul tema, presentato il rapporto mondiale OMS sulla violenza femminile. Obiettivo: cercare insieme risposte propositive a questo importante problema sociale.

 

Flavia Bustreo, Vice Direttore Generale Salute della Famiglia, delle Donne e dei Bambini presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si sofferma sui dati mondiali: “E’ impressionante che il 35% delle donne di tutto il mondo subisca nel corso della vita qualche forma di violenza, soprattutto da parte di mariti e fidanzati, e che il 38% dei femminicidi avvenga per mano del partner. I dati evidenziano come le donne esposte alla violenza dei compagni siano due volte più a rischio di depressione, quasi due volte più a rischio di dipendenza dall’alcol e una volta e mezzo più a rischio di contrarre malattie sessualmente trasmesse, come HIV, sifilide, clamidia e gonorrea. Il 42% di coloro che hanno subito violenza fisica o sessuale ha riportato danni alla salute”. “Uno dei dati che sorprende maggiormente – continua la dottoressa Bustreo – riguarda la diffusione del fenomeno nelle fasce ad alto reddito, che si attesta al 23.2%. L’Organizzazione Mondiale della Sanità auspica che tutti i Paesi si impegnino a combattere questo problema di dimensioni epidemiche, grazie al sostegno dei singoli Sistemi Sanitari Nazionali. Le Linee guida dell’OMS hanno l’obiettivo di formare in maniera più specifica gli operatori sanitari su come intervenire, in caso di violenza contro le donne. Abbiamo appreso con molta soddisfazione della ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di Istanbul e ci auguriamo che gli altri Paesi seguano il suo esempio, al fine di renderla applicabile”.

“I dati dimostrano come le donne devono essere aiutate a trovare la forza di reagire”, afferma Francesca Merzagora, Presidente O.N.Da. “ Ad oggi il 33.9% delle donne vittime di violenza da parte del partner e il 24% di coloro che l’hanno subita da un conoscente o da un estraneo rimane in silenzio. Per questo, indulgenza e indulto previsti nel decreto sull’emergenza carceri, non dovrebbero riguardare casi di violenza su donne e bambini”.  “O.N.Da ha realizzato una guida per operatori sanitari, ‘Donne e violenza domestica: diamo voce al silenzio’ – aggiunge la dottoressa Merzagora -, già diffusa negli ospedali lombardi con i Bollini Rosa. 62 strutture su 224 con i Bollini Rosa sono stati premiati per i servizi dedicati alla violenza e hanno un Protocollo di Pronto Soccorso Violenza per la formazione degli operatori sanitari. Ci sono ospedali che hanno strutturato servizi di assistenza sanitaria, psicologica e sociale come la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e il Centro Riferimento Regionale Violenza dell’A.O.U. Careggi di Firenze. In altre realtà sono stati avviati progetti per creare una rete di supporto e assistenza attraverso l’integrazione ospedale-territorio, come in Puglia, Sicilia e Abruzzo. Le regioni con maggior copertura sono Lombardia e Piemonte, restano scoperte Molise e Basilicata. Ci auguriamo che questi servizi possano arrivare a coprire capillarmente il territorio italiano”.

Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria, si sofferma invece sugli abusi in gravidanza: “Se la violenza domestica sulle donne è sempre inammissibile, lo è ancor di più in gravidanza. I dati la indicano come la seconda causa di morte nelle donne tra i 15 e i 44 anni. Il 30% dei maltrattamenti  ha inizio proprio durante il periodo della gestazione e 1 donna su 4 è tuttora vittima di abusi in questa fase della vita.  Un dato preoccupante, cui si somma quello secondo il quale il 69% delle donne maltrattate in gravidanza continuino a subire violenze anche dopo la maternità. Le conseguenze vanno dal distacco di placenta  a disturbi alimentari, da infezioni a problemi psichici, come disturbi d’ansia e del sonno, dall’abuso di alcol e farmaci  a tentazioni suicidarie.”

”Anche per il bambino vi sono rischi drammatici  – prosegue il prof. Mencacci – come la morte fetale, il parto pretermine, la poliabortività, nonché conseguenze psichiche pesantissime. Recentissimi studi di Mc Crory hanno infatti dimostrato che l’esposizione alla violenza domestica modifica alcune aree cerebrali dei bambini, con il rischio di sviluppare disturbi d’ansia. I fanciulli che crescono in un clima di violenza hanno il 50% di probabilità in più di abusare di alcol e droga, un rischio 6 volte maggiore di suicidio, più alte probabilità di sviluppare effetti di stress sul cervello e comportamenti delinquenziali e di essere a loro volta oggetto o soggetto di violenza.

La violenza domestica, quindi, subita prima e durante la gravidanza, comporta non solo gravi conseguenze sul cervello della donna, ma anche sul bambino che ne risente dalla fase fetale fino all’età adulta. Una violenza che tende a replicarsi, una catena da arrestare”.

Isabella Rauti, Consigliere per le politiche contro la violenza di genere, afferma: “Secondo l’OMS, le violenze sulle donne sono un flagello mondiale ed una malattia sociale. Il Ministero dell’Interno si è molto impegnato in termini di contrasto e di prevenzione della violenza di genere ed ha rafforzato la propria azione con l’istituzione dell’Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori (OSCAD) e con la partecipazione alla recente task force interministeriale, nella convinzione che solo una risposta multidimensionale e di sistema, delle Istituzioni e delle associazioni, renda gli interventi di settore più efficaci, per reprimere gli atti criminosi ma anche per quella necessaria rivoluzione culturale ed educativa contro ogni forma di violenza”.

“La recente approvazione della Convenzione di Istanbul anche da parte del Senato” – aggiunge la Sen. Venera Padua –  è un importante passo avanti: l’Italia è stato il 5° Paese a ratificare l’accordo che punta molto sulla prevenzione e sulla formazione e che riconosce la violenza maschile sul corpo e sulla psiche delle donne, lasciando a scuole e Università un ruolo fondamentale nell’educare e sensibilizzare al tema. Altri 5 Stati devono ancora ratificare questa carta dei diritti prima che essa diventi realtà”.

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