[ASCA] Sifilide: aumenta fino a 7 volte il rischio infezione HIV

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Un soggetto affetto da malattia sessualmente trasmessa ha maggiore probabilita’ di contrarre un’infezione HIV. E’ questo il dato piu’ importante emerso da uno studio longitudinale durato 25 anni e condotto a Roma presso l’Istituto San Gallicano.


La sifilide in particolare si e’ dimostrata capace di aumentare il rischio di infezione da HIV fino a oltre sette volte. Un aumento del rischio e’ stato dimostrato, in misura minore ( circa 2 volte), anche per la gonorrea. Alla luce di questi risultati da marzo di quest’anno, presso la Dermatologia Infettiva del San Gallicano, diretta da Antonio Cristaudo, e’ stato avviato in collaborazione con il Ministero della Salute, un Programma di lotta alla sifilide nelle popolazioni di giovani adulti, allo scopo di contrastarne il ruolo nella diffusione dell’infezione da HIV. I risultati dello studio e le tappe del Progetto Sifilide sono stati presentati oggi al San Gallicano al convegno”Focus on: HIV” che ha visto il confronto di massimi esperti sul tema.

In Italia nell’arco di oltre vent’anni, dal 1991 al 2012, sono stati circa 97.000 i soggetti colpiti da infezioni sessualmente trasmesse, 15.000 i colpiti da Sifilide. Di questi oltre 67.000 hanno effettuato screening per HIV e circa 5000 sono risultati positivi, pari a una prevalenza ( casi registrati) del 7,3%. Questi i dati del Sistema Nazionale di Sorveglianza Sentinella delle infezioni sessualmente trasmesse di cui fa parte il San Gallicano, unico centro clinico del centro Italia che ha prodotto il 27% dei dati del centro sud. ”Lo studio venticinquennale del San Gallicano – sottolinea Aldo Di Carlo, Direttore scientifico del San Gallicano – conferma questa tendenza. E’ stata valutata la probabilita’ di acquisire l’infezione da HIV in una popolazione di circa 2000 maschi a rischio (MSM= maschi che fanno sesso con maschi), dimostrando come tra il 2001 e il 2009 si sia verificato un incremento dell’incidenza dell’infezione mai registrato dal 1985. Tale incremento di rischio si e’ riscontrato soprattutto tra i piu’ giovani e tra coloro che nel periodo di osservazione avevano contratto infezioni sessualmente trasmesse (IST), come la sifilide o la gonorrea. Nel 2013 la proporzione di pazienti sieropositivi con sifilide e’ del 33% rispetto del 2011 che era del 17%”.”Oggi questi dati pongono l’attenzione – precisa Antonio Cristaudo – sulla lotta alle IST come strategia prioritaria da avviare anche per arginare la diffusione di HIV, soprattutto nelle popolazioni piu’ giovani e in quelle piu’ vulnerabili”.

Eppure, avverte, ”stiamo oggi assistendo ad un abbassamento della guardia rispetto all’AIDS. La malattia infatti da mortale e’ diventata di tipo cronico grazie alle nuove terapie. C’e’ quindi minore paura e precauzione, sia tra i soggetti a rischio che tra gli eterosessuali.   La minor attenzione alle misure preventive ha determinato una recrudescenza di tutte le malattie sessualmente trasmesse, ed i soggetti affetti a loro volta acquisiscono piu’ facilmente infezione da HIV”. L’aumento progressivo dei pazienti in trattamento, legato al numero costante di nuove diagnosi e ai criteri di accesso alla terapia sempre piu’ allargati, pone crescenti problemi di sostenibilita’ economica, per quella che e’ oggi la seconda voce della spesa farmaceutica ospedaliera dopo l’oncologia.

”Controllo dell’appropriatezza prescrittiva e aderenza alle linee-guida, un approccio basato sulla costo-efficacia e l’utilizzo dei farmaci equivalenti possono consentire di controllare i costi mantenendo elevata la qualita’ delle cure – dichiara Andrea Antinori, direttore sanitario dello Spallanzani – in tal senso la Regione Lazio ha sviluppato un Protocollo Diagnostico Terapeutico (PDT) sulla terapia antiretrovirale, basato su modelli farmaco-economici e di HTA, al fine di operare un intervento valido sia in termini di programmazione di spesa che di miglioramento degli standard di cura”.

”Le neoplasie – evidenzia Francesco Cognetti, direttore del Dipartimento di Oncologia medica del Regina Elena – sono molto frequenti in pazienti HIV positivi e ne rappresentano una delle cause principali di mortalita’.

La terapia antiretrovirale migliora la sopravvivenza ma espone ad altri cancerogeni ambientali, e l’elevata associazione di HIV con altri virus oncogeni hanno ampliato lo spettro neoplastico. E’ pertanto necessaria una stretta sorveglianza in questi pazienti rispetto alla popolazione sana soprattutto per quanto riguarda i tumori del collo dell’utero e dell’ano, la cui diagnosi precoce previene l’incidenza di cancri invasivi”.

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