Un vaccino contro la malaria che evita l’infezione nel 64% dei casi è un grande successo sociale, economico e scientifico. Significa ogni anno circa 300 milioni di malati in meno e un milione di morti in meno (perlopiù bambini) e un bel freno all’espansione della malattia dalle zone tropicali ad Europa e Stati Uniti. Un successo scientifico a cui si lavora da 30 anni. La sfida: riuscire a far produrre al sistema immunitario anticorpi che colpiscano il microrganismo in un punto vitale ed in tale quantità da distruggerlo in pochi minuti. È il breve tempo in cui il Plasmodio della malaria viaggia nel sangue, dal punto di inoculazione della zanzara sino alle cellule del fegato dove si moltiplica, al riparo dagli anticorpi. E poi nelle successive migrazioni, sempre di pochi minuti, dalle cellule del fegato ai globuli rossi, dove è di nuovo intoccabile.

Ci è riuscito Joe Cohen, 65 anni, ex ricercatore della New York University, ora capo della ricerca sui vaccini che sfidano malattie infettive imprendibili come malaria, tubercolosi e Aids, della Glaxo Smith Kline, azienda incaricata della “mission impossible” dalle forze armate statunitensi 30 anni fa. Erano gli anni del grande impegno militare nelle zone tropicali e la malaria era a volte più pericolosa della guerriglia.



“Abbiamo lavorato con il Walter Reed Army Institute of Research (WRAIR) americano sul vaccino antimalarico sin dai primi anni ’80, investendoci 300 milioni di dollari. – spiega Cohen – Poco dopo l’inizio della collaborazione fu scoperto il gene del “nemico” strategico per la sua aggressione all’uomo. Produce la proteina della superficie del parassita della malaria che gli permette di trovare riparo nelle cellule del fegato. Poi riuscimmo a fondere questa proteina con quella del nostro vaccino contro l’Epatite B. La risultante particella RTS, S stimolava la produzione di anticorpi. Aggiungemmo dei “potenziatori” della reazione di difesa, o adiuvanti, sviluppati da noi, e la reazione immunitaria crebbe ulteriormente”. Eppure realizzare un vaccino contro la malaria è compito molto difficile. Il parassita che la causa, svolge il suo ciclo vitale in parte fuori dell’uomo, nell’insetto vettore, e poi dentro le cellule del malato, dove non è colpito dagli anticorpi.

Ma la particella RTS, S ha dimostrato di riuscire a stimolare una produzione di anticorpi più che sufficiente a dare la protezione. Non è l’unico vaccino allo studio. “Vi sono circa altri 70 vaccini antimalarici in preparazione, ma il nostro – precisa Cohen – è 15 anni avanti a tutti”. Ottimi i risultati della sperimentazione umana? “Iniziò su adulti sani negli Usa e Belgio. Dal 1998 in Africa su soggetti a rischio malaria, prima adulti e poi bambini per avere un vaccino somministrabile nell’infanzia dove la malaria fa 900.000 morti l’anno. Il vaccino ha dimostrato di ridurre del 64% il rischio di contagio, abbattendo drasticamente la mortalità. Per questo è iniziata a maggio 2009 la sperimentazione finale che porterà alla registrazione entro 3 anni, in accordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità”.


La Repubblica

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