Alzheimer: test del sangue per diagnosticarlo con almeno un anno di anticipo

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Sarà commercializzato entro due anni, ma già adesso fa discutere il primo test del sangue che promette di prevedere con un anno di anticipo se il paziente si ammalerà di Alzheimer o di altre demenze.


Lo hanno sviluppato gli scienziati della Oxford University e del Kings College di Londra che confermano le potenzialità dell’esame. Il test, che costerà tra i 150 e i 300 euro, è in grado, infatti, di predire la malattia nell’87% dei casi per mettere in campo terapie preventive, anche se finora una cura per Alzheimer e demenze non esiste. Per gli esperti, è questo il motivo maggiore di timore, poiché il “test potrebbe causare un carico di ansia e depressione ingiustificata” nella persona che vi si sottoponesse. Senza parlare dei risultati errati.

I ricercatori giurano sull’affidabilità dell’esame. Si sono avvalsi della collaborazione con la società Proteome Sciences, per sviluppare il test, il cui studio finale è pubblicato su Alzheimer’s & Dementia, a partire da un esame delle potenzialità su 1.148 persone, 476 dei quali avevano ricevuto una diagnosi di Alzheimer, 220 problemi di memoria, e un gruppo di controllo di 452 persone sane.

Gli scienziati si sono basati su precedenti ricerche che hanno permesso di selezionare 26 proteine associate allo sviluppo della malattia e si sono poi concentrati sulle 10 che mostrano di dare i risultati predittivi più affidabili. Proprio una proteina tossica, la proteina beta-amiloide, è la responsabile della malattia: soffocando i neuroni comporta la perdita di memoria e la degenerazioni di altre capacità cognitive.

Si stima che nel mondo ci siano 44 milioni di persone malate, mentre le nuove diagnosi crescono in Italia al ritmo di 100mila circa ogni anno. Una vera emergenza sanitaria con costi umani, sociali e sanitari altissimi. Proprio le difficoltà di fronte ad una malattia che toglie autonomia al paziente hanno spinto il Comitato nazionale per la Bioetica a elaborare un parere (“Le demenze e la malattia di alzheimer: considerazioni etiche) che affronta il problema sotto il profilo scientifico, bioetico e biogiuridico. Il documento si sofferma sull’analisi degli aspetti scientifici a livello epidemiologico, preventivo, diagnostico, terapeutico posti dalle demenze. Rilevante è l’aspetto bioetico che è stato affrontato dal parere: l’identità personale e la consapevolezza, la comunicazione della diagnosi, i problemi aperti dal consenso informato alla cura del dolore, all’alimentazione artificiale o non artificiale e gli strumenti giuridici per tutelare le forme di demenza.

Il Comitato raccomanda che il “malato di demenza sia riconosciuto – si legge nel testo – come persona in ogni fase della sua malattia; che la ricerca, la prevenzione, le terapie e l’assistenza ai malati di demenza siano incluse con un ruolo di rilievo nell’ambito delle politiche sanitarie; che siano promossi studi sulle modalità di comunicazione con il malato di demenza e sull’accertamento del livello di consapevolezza, al fine di valorizzare l’autonomia del paziente in grado ancora di prendere decisioni”.

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