Il “sesso forte” abbandonerà la Terra fra cinque milioni di anni? La comunità scientifica cerca di prevedere il destino del cromosoma Y: più piccolo, con sempre meno geni e, forse, destinato a scomparire.

(Galileonet, Caterina Visco) Gli uomini sono sull’orlo dell’estinzione? Nonostante tutto, no. Sebbene da anni il cromosoma Y (quello che porta i geni che determinano il sesso maschile) sia oggetto di scherno e di previsioni catastrofiche, non sembra destinato a una scomparsa precoce. Di vero c’è che è molto più piccolo di altri cromosomi e che contiene molti meno geni dell’X (cromosma femminile). Nel corso del tempo infatti, in circa trecento milioni di anni, l’Y ha perso la maggior parte dei suoi geni e adesso ne presenta appena 45 (l’X ne ha 1.400).

Recentemente l’allarme è stato lanciato da un genetista britannico, Bryan Sykes della Oxford University, nel suo libro “Adam’s Curse: A Future Without Men” (Il corso di Adamo: un futuro senza uomini). Oggi a riportare in auge l’argomento “estinzione maschile” è una donna, la ricercatrice Jennifer Gravers dell’Australian National University, che prevede per il cromosoma Y “soltanto” altri cinque milioni di anni di vita. Gravers, nel corso di una lezione tenuta al Royal College of Surgeon in Irlanda e chiamata “Declino e caduta del cromosoma Y e del futuro degli uomini”, ha dichiarato che “il cromosoma Y sta morendo, ma il vero problema è capire cosa succederà dopo”. Esso, infatti, contiene un gene, lo SRY, che permette lo sviluppo dei testicoli e la produzione degli ormoni sessuali maschili.

La tesi dell’estinzione si basa in gran parte sulla perdita di geni nel corso del tempo e sul fatto che l’Y è un cromosoma solitario, che non ha in altre parole una controparte con cui ricombinarsi durante la formazione delle cellule germinali (spermatozoi e ovociti). La ricombinazione è un processo durante il quale cromosomi omologhi (cromosomi morfologicamente uguali) si incrociano e si scambiano delle parti di Dna. “Questo meccanismo ha un effetto terapeutico perché consente ai geni danneggiati di essere riparati dai loro compagni sani sul cromosoma non danneggiato prima di intraprendere una via diversa come spermatozoi o uova. I cromosomi che non possono avvantaggiarsi di questo passaggio, diventano sempre più malati, e le mutazioni, che per la maggior parte sono inevitabilmente dannose, silenziano un gene dopo l’altro”, ha scritto nel suo saggio Bryan Sykes.


Secondo Sykes il cromosoma Y è colpito dalle mutazioni più di qualunque altro cromosoma perché deve trascorrere tutta la propria vita all’interno delle cellule degli uomini, nei loro testicoli che attraverso la divisione cellulare producono continuamente nuovi spermatozoi. Durante ogni divisione c’è il rischio di una mutazione, un errore casuale e quindi maggiore è il numero di divisioni e più alta è la probabilità di mutazioni.

A portare un po’ di speranza a questo povero e solitario grumo di Dna è stato uno studio del 2003 condotto da David Page e dal suo gruppo di ricercatori del Whitehead Institute for Biomedical Research di Cambridge (Massachusetts, Usa). La ricerca ha mostrato che il cromosoma Y è in grado di ricombinarsi con se stesso e che molte regioni, soprattutto quelle essenziali per la fertilità maschile, sono ripetute numerose volte e contengono sequenze di Dna identiche in ogni direzione (come un palindromo). Questo arrangiamento permette ai geni di appaiarsi correttamente e di ripararsi a vicenda in un processo chiamato conversione genica. “L’Y ha un meccanismo di autocorrezione, una potente forza selettiva per garantire la sua conservazione”, ha commentato Scott Hawley dello Stower Institute for Medical Research di Kansas City.

Inoltre molti dei caratteri che differenziano maschi e femmine sono portati anche da altri cromosomi; ci sono anche molte specie di roditori che pur non possedendo né cromosoma Y né gene SRY continuano a riprodursi senza problemi e a generare sia maschi sia femmine. Inoltre esistono anche molti candidati a sostituire il gene SRY. Questa possibilità di sostituzione apre però secondo la ricercatrice australiana una possibilità fantascientifica: il fatto che si sviluppino diversi meccanismi di determinazione del sesso in differenti popolazioni umane. “Queste non potranno più riprodursi tra loro, portando alla formazione di specie diverse di uomini”, ha affermato la Gravers.

L’idea di una speciazione all’interno del genere umano è, però un’idea che non convince molti. Olga Rickards, professoressa di Antropologia molecolare dell’Università di Roma Tor Vergata è piuttosto scettica in proposito. “Mi sembra una possibilità molto improbabile, per non dire fantascientifica”, ha dichiarato a Galileo. “Io ci andrei molto piano prima di sostenere una tesi del genere”.

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