Tumore al seno: conoscere ll DNA delle cellule tumorali vuol dire evitare chemio in una percentuale di casi

Anche il tumore del seno ha il suo ”DNA”: conoscerlo e’ la chiave per stabilire non solo l’evoluzione della malattia ma soprattutto la migliore cura, la piu’ efficace, quella strettamente necessaria e senza conseguenze quali tossicita’ e impoverimento della qualita’ della vita.
Nella maggior parte dei tumori la scelta terapeutica e’ gia’ iscritta nella storia genetica, ma in altri la combinazione di alcune caratteristiche – malattia allo stadio iniziale con l’espressione del recettore per l’estrogeno (ER+) o per il Progesterone (PgR+) e linfonodi negativi – traccia un profilo che lascia di fronte all’incertezza di un trattamento solo ormonale (quello standard sempre somministrato in caso di tumore del seno) o con l’aggiunta anche di chemioterapia.

Oggi questo tipo di analisi, mirate alla definizione della prognosi, e’ comunque possibile ma avviene solo tramite una valutazione immunoistochimica che si effettua sul pezzo istologico”. ”E’ un traguardo molto importante – aggiunge Riccardo Masetti, direttore dell’Unita’ Operativa di Chirurgia Senologica del Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ di Roma – se si considera che in Italia i nuovi casi di tumore del seno si aggirano, ogni anno, intorno ai 40 mila di cui 4.200 nel Lazio e quasi 2.000 solo a Roma. All’interno di essi, esiste una proporzione del 10-15% dei tumori ormonodipendenti nei quali la scelta delle terapie post-chirurgiche risulta davvero difficile. In questi casi un test genomico che dia indicazioni piu’ chiare sui rischi di ripresa della malattia e sui benefici della terapia puo’ fare la differenza, aiutando il medico a valutare meglio la reale efficacia di un trattamento chemioterapico aggiuntivo alla normale terapia ormonale, e offrendo alla paziente maggiori garanzie sull’efficacia di tale trattamento”.